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La strada menzionata nel
documento, certamente oggi assai agevolmente percorribile rispetto ai tempi
trascorsi e parimenti utile allo svolgimento del traffico, è una modica ma
rilevante deviazione dalla Via Appia, egualmente importante, anche perché
precedente alla precitata, quantunque assai meno nota; siamo certamente usi
trascorrere nell’accezione fisica e motoria del lemma, strade di cui non
conosciamo quasi nulla, le fonti sono assai limitate sull’assetto stradario del
basso Lazio, ma la rilevanza di questa deviazione acquisisce rilevanza riguardo
alla fruizione per la sua facile transumanza quando, in passato, l’Appia era
impraticabile; il sintomo manifesto di questa indispensabile praticità stradale
è data proprio dal documento stesso, che ingiunge il ripristino di una muraglia
che salvaguardi la strada stessa, da cui la rilevante presenza della medesima
strada che resta un dato di notevole interesse pratico, per cui operare al
ripristino era un motivo certamente fondante.
Io sottoscritto per la pura verità ricercato faccio veridica
fede mediante il mio giuramento come avendo io esercitata la Carica di Capo Priore di
questa Città Ducale di Sermoneta mia Patria per sino a tutto li 14 del corrente
Agosto, ed in questo frattempo essendo da Sua Eccellenza il Signor Principe Don
Emilio Altieri, e dal Architetto del Tribunale delle Strade di Roma stato ordinato da questa comunità dovesse
far fabbricare un muro per difesa della Strada Romana nel luogo ove il
torrente, denominato il Fossato, aveva rotto l’argine, e danneggiata la
medesima fu pertanto fatta passare per Consiglio una tale resolutione, e dal
medesimo approvata, e per metter mano all’opera con maggior sollecitudine, fu
fatto notificare alli muratori, che qui erano, che chi volesse attendere al tal
lavoro avesse data la sua offerta in scritto, e sarebbe stato deliberato al
migliore, e minore offerente, e difatto avute nel stabilito termine cinque
offerte sigillate, queste in presenza di me Capo Priore, e degl’altri Priori,
che compongono il Magistrato, come anco del Governatore, dal Segretario della
detta Comunità aperte, in presenza altresì di tutti gl’offerenti, e ritrovata
esser la migliore, e minore quella di Mastro Giuseppe Varesini fu al medesimo
rilasciato il lavoro, e portatovi poscia di persona sul luogo gli segnai le
lunghezza, l’altezza, e sito dove dovea fabbricarsi detto muro, il quale ad altro
non dovea servire se non se l’acqua non corrodesse l’Argine, che dovea farsi
dietro detto muro, e detto Argine dovea venir fatto nell’atto, che si sarebbe
ripulito il letto di detto Torrente, giacché la materia, che sarebbesi levata
nel fondo del medesimo dovea servire per arginare, gli fu fatta mettere in
opera l’arena del medesimo Torrente, perché si è veduto coll’esperienza
particolarmente nel lavoro ultimamente fatto del nuovo Ponte sopra lo stesso
Torrente che detta arena per essere frigida, è ottima in particolare
nell’estate, che mantiene fresco il lavoro, e non si brugia, come con la
pozzolana ordinaria, anzi di più depongo, che doppo terminato il muro che fula sera
dei sette del corrente Agosto per maggior cautela, dalla parte più esposta al
sole lo feci coprire di terra, che veniva ad essere quella parte appunto, che
doveva essere arginata, anzi nel mentre si lavorava mi sono portato più volte
di persona a vedere il lavoro fusse ben fatto, ed il dì 10 del corrente Agosto
mi portai a riconoscerlo e farlo misurare, fu misurato, ed in sequela di ciò
gli fu fatto spedire l’ordine per il pagamento diretto a questo publico
Depositario della Communità sottoscritto si da me come Capo, che dalli altri
Priori e Segretario, essendo poi terminato il mio Officio, ed entrato il di 15
corrente Agosto il Magistrato nuovamente eletto, era incombenza di questo
seguitare il lavoro, e far fare l’Argine dietro al detto nuovo muro assodato,
che fusse, ma il dì 17 detto sul doppo pranzo per un caso fortuito, e inopinato
d’una Pioggia che niuno qui si ricorda la simile, portò il detto Torrente, una
piena così sterminata, che non si è mai veduta ai tempi, con portare alberi
intieri, e persino una vaccina, talmente che il muro di fresco lavorato, benché
fusse senz’Argine, doppo di aver resistito, non solo fintanto, che l’acqua lo
saperò, ma altresì all’urto continuo delli detti Alberi, dovette finalmente
cedere, e ne restò una porzione rovesciata. Mi portai giorni dopo di persona nella faccia del luogo per vedere,
ed esaminare oculatamente la rottura, e riconobbi ad evidenza per quella poca
perizia, che ho delle matematiche, che tal rovesciamento era seguito per il
gonfiamento dell’acqua, perché la luce del Ponte della Strada Romana non è
sufficiente ad ingoiare un tal Torrente, talmente che se il muro era arginato
averebbe dovuto soccombere il medesimo si per la violenza dell’acqua come per
la percossa degli Alberi, che portava di fronte al Ponte il quale non avendo,
che 20 palmi di larghezza, e 6 di raggio, o altezza non era sufficiente a
ricevere una piena di 7 palmi di altezza, vale a dire più della luce, e 65 di
larghezza, che tale era nella Porta della Clausura dei Padri Cappuccini, dove
ha lasciato il segno visibile alla medesima poco lontana da detto Ponte. Li
Periti dell’arte danno tre mesi di tempo acciò un muro sia assodato, e molto
più ancora a quelli lavorati con arena frigida come questo, ciò non ostante è
incontrovertibile, che il muro, abbenché fresco, avrebbe resistito se fusse
stato arginato, come ànno resistito due pezzi restanti in piedi, uno de quali
di 93 palmi di lunghezza all’imboccatura del Ponte, ove l’acqua faceva il
maggior sforzo, perché vi era dietro l’Argine vecchio ben grosso, e ben
assodato, e l’altro pezzo in faccia a detta Porta de Padri Cappuccini parimenti
appoggiato all’Argine vecchio, ciò fa vedere, che detto muro era stato lavorato
con buona materia, e ad uso di arte, come chicchessia puole occasionalmente
riconoscere dalli sudetti pezzi restati, e questo è quanto posso attestare per
la verità, e in fatto proprio in causa di scienza in fede Sermoneta questo di
31 Agosto 1773. Giacomo Razza mano propria.
Alessandro Lusana
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