Un Memorandum est per il Fiorentini
Certamente poco fragorosamente noto
resta ancora Giovan Domenico Fiorentini(1747-1821), pittore sermonetano
alacremente attivo sia nel capoluogo caetaneo quanto sui Monti Lepini, ma talvolta
emergente fra le sponde tiberine come nella chiesa romana di San Bartolomeo
all’Isola, e nel romano Collegio austro ungarico come al Quirinale. La versatile
natura del lepino artefice tende, nella sua camaleontica attività stilistica, a
riaffiorare per fiochi suggerimenti pittorici da cui trarre il sistema
sillabico attinente al nome dell’autore. Una Maddalena(Fig.1), nella omonima cappella della Cattedrale di Santa
Maria di Sermoneta traduce l’indefesso secentismo del Fiorentini; in effetti
nulla di sorprendente che un autore concentrato in un modico apparato urbano,
quale Sermoneta, resti ignorato, come nel caso di questa opera, la mutabile
natura fiorentiniana è un dato accertato
nel complesso catalogo dell’autore, soggetto, come l’eminenza pittorica che lo
precedette nella natalità sermonetana, Girolamo Siciolante, a connotare uno
stilema con supporti e rese alternatesi fra la Maniera tosco-romana ed il
pletorico Seicento, che l’Urbe presentava agli occhi attenti di qualche giovane
autore in cerca sia di commissioni che, soprattutto, di canoni figurativi da
riproporre con fervido entusiasmo in regioni marginali senza selettive pretese.
La Maddalena attesta lo stilema fiorentiniano: la
fluente capigliatura ripete quella di alcuni ritratti, spero non coordinati su
modelli viventi, viste le fisionomie non apollinee, eseguite dalla bottega del
Fiorentini su di un fregio del primo piano nel Palazzo Caetani di Sermoneta[1], le
cui melliflue fattura di capelli ripetono, con profluvio pletorico, quella
della stessa santa considerata, senza mancare di morbidezza tattile, quasi
spumosa, fra i crini cadenti, il
piede che lambisce la terra poi vede a quello delle fanciulle di un riquadro
del ciclo decorativo sulla volta della cappella del Santissimo Rosario, già
restituito dallo scrivente al Fiorentini[2], il
taglio degli occhi riporta a quello del San Domenico nella pala d’altare con la Madonna del Santissimo Rosario, già nella
chiesa di San Michele Arcangelo di Sermoneta, ma ora nel Museo Diocesano della
medesima città, quindi il collo della Maddalena che riporta oggettivamente a
quello snello della vergine assunta sulla volta dell’oratorio dei Flagellanti,
le dita lunghe della santa che traducono agevolmente quelle del San Domenico
della pala d’altare del Museo Diocesano già citata; ed infine la resa tessile
che addensa corpose pennellate risolvendo un panneggio denso e corposo che
ricalca inopinatamente quello già adottato nell’oratorio flagellante, ad
esempio la veste del Giuda dell’Ultima
cena; ma senza cercare facili assimilazioni vista la differenza temporale e
quindi qualitativa intercorrente fra le due tessiture.
Il memorandum est del titolo, che per i nostri ricordi da classicisti in fieri ovvero dimessi già all’origine,
relativamente a come si sia apprezzato Cicerone o lo sia idealmente condannato sine pietate, comunque dicevo, il “dover
ricordare” della perifrastica qui adottata, resta un assunto valido per
qualsiasi pittore non escluso il Fiorentini che, come per la Maddalena ,
già descritta, deve appellarsi ancora al suo tirocinio figurativo, per uno di
tre putti nella chiesa di San Michele Arcangelo; la tipologia fisionomica
riprende da quella di due putti in una pala eseguita insieme al suo maestro,
Carlo Antonio Incoronati, per la chiesa di San Pietro e Paolo di Sezze[3]; la
resa lineare e coerente del volto puerile assevera il medesimo schematismo di
facile esecuzione, la linea che definisce univocamente il naso e le
sopracciglia riprende il volto della Vergine nella pala con Madonna Bambino e santa martire nella
Cattedrale di Santa Maria di Sermoneta[4],
inoltre la postura, ovvero posizione, che assume un secondo putto nella pala
setina resta speculare a quella del putto sermonetano, con la medesima
robustezza pingue che soggiace ad ogni buona occasione di infantilismo
pittorico, la capigliatura compatta ma frastagliata che riporta a quella del
Bambino nella pala di Santa Maria già citata, come il taglio degli occhi
suffraga la vicinanza fiorentiniana con un ritratto ideale di un fregio al
primo piano di Palazzo Caetani di Sermoneta[5], la
curvatura labiale poi rimarca, in anticipo, quella della Vergine nel Sacro Cuore di Maria[6]. La rapportabile
fattura fiorentiniana vede quindi al passato, come ovvio, ma destreggiandosi
fra il proprio e l’altrui, per il Putto
certamente coglie mnemonicamente quanto già eseguito altrove, restando così un
patrimonio autonomo, mentre per la
Maddalena rimembra quanto fatto altrove da Guido Reni,
ossia dall’estatiche Maddalene romane soggiacenti all’enfasi solo formalmente
spirituale derivate dai costipati afflati della Riforma Cattolica.
Alessandro Lusana
Figg.
1-2
Figura
2G. D. Fiorentini, Putto,
San
Michele Arcangelo, Sermoneta.
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